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01 2002

Liberare i fantasmi collettivi. Personalità flessibile e resistenza in Rete

Brian Holmes

Traduzione: Sandro Armezzani

Nei migliori dei mondi capitalisti la Borsa, grazie a giochi speculativi, mette a disposizione delle risorse per lo sviluppo industriale che saprà poi ripagarla sul piano dell'economia reale. Come stanno le cose invece con Internet? Dal 1995 al 2000 in tutto il mondo si sono investite somme enormi per le infrastrutture, ma la crisi attuale, dovuta all'eccesso d'offerta, viene vista come una catastrofe. Ma la storia sa essere furba e un risultato del boom tecnologico potrebbe essere senz'altro l'impiego di ingenti capitali privati nello sviluppo di uno spazio pubblico virtuale nel quale ora le multinazionali potrebbero essere sfidate sul loro campo, cioè nell'ambito del mercato finanziario mondiale. Gli speculatori si chiedevano alla fine degli anni '90: "Ci sono dei limiti ai profitti che possiamo ricavare da Internet?" Chi opera in questo settore o ne subisce negativamente gli effetti potrebbe essere tentato da un'altra coraggiosa speculazione: "È possibile utilizzare la Rete per una resistenza al capitale delle multinazionali?"

In una situazione in cui i movimenti antagonistici si trovano esposti a nuove campagne "antiterrorismo", la questione diventa più attuale che mai. Le risposte vengono cercate sul piano legislativo e su quello dello sviluppo tecnologico, ma dovranno essere trovate innanzitutto a livello artistico e culturale[1]. Esse sono indissolubilmente legate al potenziale di resistenza del soggetto; ma anche la resistenza ha una sua storia a sua volta piena di furbizie. Ora analizzerò queste ultime più da vicino per rispondere alla domanda forse più importante: "È possibile  per gli operatori del virtuale sottrarsi veramente alla dominazione della personalità flessibile?"

 

Cambio di paradigma

Da Taylor e Ford fino a Stalin e De Gaulle, nel XX secolo l'autorità razionalizzante è stata la maggiore oppositrice delle sinistre radicali. Nella fabbrica o nell'esercito, gli archetipi dell'oppressione sono stati la disciplina e la gerarchia piramidale. A partire dagli anni '30 l'autoritarismo si sviluppa sia all'Est che all'Ovest in una logica che accomuna guerra, lavoro e burocrazia. Ad analizzare per prima questa situazione fu la Scuola di Francoforte.

La sua originalità consisteva nell'impiego di Marx e Freud nell'analisi della libido masochista dell'economia industriale. Ciò ha significato tuttavia non solo un superamento del principio di piacere, ma piuttosto l'analisi di un cambiamento che stava avvenendo a livello di paradigma: una nuova forma di dominio politico ed economico che andava estendendo le proprie trame fin nel profondo della psiche. Il progetto di liquidazione dell'individualismo borghese del XIX secolo, il sorgere di uno Stato centrale pianificatore e di una società industriale totalmente mobilitata, proseguì a livello del soggetto. Ciò che ne scaturì fu una nuova tipologia umana dai tratti fortemente fascisti che Scuola di Francoforte definì con il termine personalità autoritaria e che venne interpretata come "un nuovo tipo antropologico". Quest'ultimo è caratterizzato da rigido rispetto delle convenzioni, da sottomissione, dal rifiuto di qualsiasi soggettività e dal conseguente desiderio di assimilazione, nonché da un esagerato interesse verso scandali a sfondo sessuale, da enfatica esagerazione del potere e protezione dagli impulsi dell'inconscio.[2]

Gli autori della scuola di Francoforte proseguirono i loro studi negli anni '40 e '50 al cospetto del capitalismo di Stato americano. In esilio nella terra della libertà, denunciarono il sempre più profondo asservimento alla ragione strumentale, in particolar modo nei metodi "soft" adottati dall'industria culturale. Nella metà degli anni '60 la critica alla società disciplinare si allargò e alle forze del potere standardizzato si rispose con forme di ribellione ormai note: la campagna per la libertà d'opinione, il rifiuto del servizio militare, la sperimentazione sessuale esaltata da W. Reich, le rivolte dei Provo, la psichedelia, insomma tutto ciò che Marcuse definì come "esplosione del Surrealismo di massa". A livello più profondo vi fu un'affermazione della soggettività, dell'identità, della sessualità: la sfera personale e privata venne a coincidere con quella politica. Nella società si diffuse una poetica della resistenza che determinò il declino dei sistemi disciplinari, delle burocrazie, del modello del consumo di massa, della disciplina di fabbrica. Ma al giorno d'oggi abbiamo ben chiaro come queste trasformazioni hanno contribuito a determinare il sistema politico-economico attuale?

Il sistema ha risposto alle critiche degli anni '60 e '70 venendo a patti con quest'ultime. Nelle nazioni più sviluppate negli ultimi vent'anni è venuto alla luce un nuovo paradigma con un suo specifico sistema produttivo, una specifica ideologia di consumo coadiuvata da meccanismi sociali di controllo, il tutto integrato in un nuovo ordine geopolitico. Nel corso di quasi due decenni questo nuovo ordine è rimasto in gran parte inconscio, invisibile, innominabile. In questa fase le avanguardie divennero obsolete, gli intellettuali inutili, non c'era insomma alternativa. Ora improvvisamente la situazione sta cambiando. Ci si sta accorgendo che questo nuovo ordine non è repressivo solo ai suoi margini, cioè nelle regioni in via di sviluppo. Esso ha realizzato un sistema di forza lavoro flessibile che sfrutta e aliena gran parte della popolazione anche all'interno delle nazioni più ricche. Ed è nel cuore della cultura freelance, fatta di computer, telefoni cellulari e nomadismo generalizzato, che le tecnologie di controllo vengono continuamente ricreate. Nel gioco dell'economia attuale, essere vincenti viene ampiamente premiato: si diventa inventori della personalità flessibile.

 

Cultura/ideologia

Se questi nuovi paradigmi si vanno affermando è perché funzionano. Solo se volgiamo il nostro sguardo al passato ci rendiamo conto come essi siano diventati successivamente strumenti e modalità di controllo. Quando negli anni '70 in California si affermò la cultura della microelettronica, l'idea di flessibilità risultò estremamente positiva. Essa fece da contraltare alla rigidità degli anni '50 attraverso l'apertura verso gli altri, le esperienze collettive, l'autoespressione, l'improvvisazione, il rifiuto della disciplina e delle gerarchie. Questi erano ancora i tempi dell'utopia, di Bucky Fuller, di Gregory Bateson e del Whole Earth Catalogue : nessuno si sarebbe mai sognato che An Ecology of Mind  potesse diventare uno strumento di gestione manageriale. Questo rilassato e creativo stile di vita però non sfornò solamente una serie di prodotti completamente nuova e interessante per il mercato, ma in California prima e nella gran parte del mondo sviluppato poi, prometteva una soluzione dei conflitti sociali che sotto il modello industriale fordista erano stati ridotti al silenzio. 

Prendiamo ad esempio la relazione della Commissione Trilaterale del 1975 dal titolo "La crisi della democrazia"[3]. Non solo i paesi del Terzo Mondo sfruttano il processo di liberazione nazionale per chiedere prezzi più alti per le loro materie prime mentre gli USA perdono la loro guerra in Indocina; non solo le rendite dei grossi capitali iniziano a segnare il passo, mentre gli scioperi selvaggi si moltiplicano e si comincia a dibattere di problematiche ecologiche. Il peggio è rappresentato dagli ingenti investimenti postbellici nel campo del sistema educativo voluti per coprire il bisogno di sapere della tecno-economia, ma che di contro produsse piuttosto opposizione al capitalismo e alla burocrazia, valori alternativi e rivendicazioni per un allargamento dei diritti sociali e una maggiore socializzazione. Queste nuove rivendicazioni a livello di stato sociale si aggiunsero a quelle tradizionali della classe lavoratrice e così si arrivò alla crisi. Agli occhi delle élite gli Stati della Trilaterale divennero "ingovernabili" o, secondo le parole del famoso sociologo Samuel Huntington, vi era "un eccesso di democrazia". La critica al sistema iniziata dalla Scuola di Francoforte raggiunse il suo culmine alla metà degli anni '70: a partire da questo momento il sistema autoritario dovrà imparare dal suo nemico interno.

Questa trasformazione è durata un decennio. L'epoca d'oro dei neomanager comincia a metà degli anni '80 quando i lavoratori organizzati sindacalmente vengono sostituiti dai robot e la forza lavoro a basso costo cercata oltremare. L'attività delle multinazionali e i flussi finanziari si espandono lontano dalle loro nazioni colpevoli di eccessiva regolamentazione e ridistribuzione dei beni. La triplice sfida che i manager devono ora affrontare consiste ora nel controllo a distanza della forza lavoro, nell'istituire dei sistemi di distribuzione e marketing su scala mondiale, ma soprattutto nel creare una cultura, o se vogliamo un'ideologia, che fosse divertente e attraente per quei giovani che avessero voluto servirsi di questa nuova macchina: la parola chiave diventa ora flessibilità.

Il sistema delle relazioni sociali ha dovuto allora accettare le rivendicazioni di autonomia, di autoespressione e di senso per poi riadattarle ad una nuova strategia di controllo. I sociologi francesi Boltanski e Chiapello hanno mostrato l'importanza in questo processo di cooptazione di quello che chiamano "critica artistica", una critica che rivendicava mobilità, spontaneità, riduzione delle gerarchie, in una parola "disalienazione", almeno per quanto riguardava i "creativi"[4]. La piramide gerarchica verrà dunque sostituita, quando possibile, dalla forma sociale del Network. Un aspetto importante di questa soluzione è di tipo immediatamente tecnologico. La risposta magica alle questioni con cui le élite di governo degli anni '70 si dovranno confrontare è stata la macchina comunicativa, una macchina di linguaggio-immagine: il Personal Computer collegato in Rete. Negli anni ‘60 la critica vedeva nell'IBM lo strumento e il simbolo della burocrazia disciplinare, ora sembrava che il PC potesse diventare al contrario strumento di liberazione.

Libertà è stata sempre la prima parola d'ordine dei neoliberali, da Hayek agli economisti di Chicago fino ai liberalisti di destra e quelli del Cato Istitute. Nelle loro teorie essa si identifica e va a coincidere sempre con l'iniziativa economica. All'interno della sinistra invece l'economia è sempre stata tradizionalmente considerata l'opposto dell'arte, così come l'atto di vendita lo è rispetto alla spontaneità del dono. Le strategie estetiche della "Controcultura" tuttavia – quelle della differenza e dell'alterità, del rizoma, della proliferazione dei soggetti -  potevano ora esaltarsi e diventare parte di un'economia semiotica in cui immagini e segni possono essere messi in vendita grazie alla telematica. L'interattività della Rete prometteva il nascere di un'alchimia completamente nuova di produzione cooperativa che si serviva proprio degli stessi canali globali che la finanza già utilizzava da tempo. Ricerca e invenzione potevano così entrare direttamente nei circuiti di produzione e distribuzione.

I Computer portatili hanno consentito agli individui una mobilità sia fisica che psichica e, al contempo, sono serviti da strumento di controllo della forza lavoro geograficamente distribuita. Esso ha miniaturizzato l'accesso alla burocrazia restante, mentre apriva canali privati nel mondo dell'intrattenimento, dei media e dei circuiti immateriali dei "capitali fittizi" – in quella economia cioè che vive dello smantellamento della sfera pubblica e che come sua massima espressione ricodifica ogni produzione culturale in termini di multimedialità. Ecco una modalità che risolve tutti i problemi ereditati dagli anni ‘60 o che per lo meno li stempera, soprattutto quelli legati alle rivendicazioni sociali. Così non stupisce che le multinazionali comincino a promuovere e diffondere attivamente il mito della flessibilità. La nascente "classe virtuale"  - fatta di produttori culturali, di artisti del digitale, di prosumer (utenti capaci di configurare da soli i servizi della Telekom) insomma da tutti quei lavoratori e operatori del digitale – si lascia così ora attrarre e assorbire più o meno ciecamente da questo nuovo mito.

 

Sistemi di monitoraggio

Come funziona questa cultura/ideologia? Prendiamo ad esempio la prospettiva militare visto che oggi la guerra è un tema molto dibattuto.

L'arma preferita durante la guerra fredda era il missile intercontinentale, un gigante mai usato, simbolo ed emblema del centrismo logofallico. Il nuovo ordine mondiale invece parte da un'arma più piccola e maneggevole: il missile Cruise. Quest'arma viene utilizzata continuamente e non solo sul campo di battaglia. Sappiamo come dai tempi delle guerre stellari – intese come film di Lucas e Piano di Difesa Strategica – l'intrattenimento legato alla guerra e all'ambito militare sia diventato assolutamente normale e quotidiano.

"Sembra che il commercio al dettaglio è pronto a tutto quando si tratta di attirare il cliente" si dice in un articolo apparso nel '97 dal titolo "Star Wars inonda il mercato" (citato da Sze Tsung Leong nella The Harvard Guide To Shopping). "Si osservi solo quanto avviene nei supermercati della catena Safeway, che ultimamente ha fatto istallare dall'IBM un sistema d'intelligenza artificiale dal nome AIDA (Artificial Intelligence Data Architecture) che concepito all'origine per intercettare eventuali missili russi nello spazio, oggi viene utilizzato per…..l'analisi delle informazioni sugli acquisti da parte dei clienti provenienti dai dati presenti sulle loro Carte Clienti." Quando il desiderio dei consumatori viene "sollecitato" e incoraggiato a proliferare, l'estrema fantasia che il sistema di controllo si riserva è quella di tracciare e di inseguire le personalità flessibili.

"Nella sostanza il marketing di massa è morto" scrive il guru del business Art Weinstein nel suo libro Market Segmentation. "esso è stato sostituito da un marketing estremamente preciso nell'individuazione dei suoi bersagli. Dalla focalizzazione su segmenti di mercato sempre più piccoli e redditizi nasce un rapporto più stretto tra le aziende e i consumatori e la tecnologizzazione dei prodotti è in grado ora di inventare un mercato per le aziende – sono cioè i consumatori ora a determinare le caratteristiche dei prodotti che le aziende produrranno. Quando i meccanismi di feedback vengono realizzati all'interno dei canali stessi della distribuzione, i bisogni dei consumatori diventano immediatamente accessibili al monitoraggio delle aziende. Ora chiunque può contribuire al perfezionamento della produzione dal suo interno .

Fino a poco tempo fa queste tendenze apparivano piacevolmente ambigue – prezzi modesti e una crescente libertà. Ma a partire dall'11 settembre il febbricitante bisogno di sicurezza getta sul tutto un'altra luce. La ricerca di maggiori profitti, di percorsi creativi nell'applicazione di nuovi apparati, mostra ora il suo vero volto nascosto: la paura innanzi al manifestarsi dell'Altro, l'imperativo di un allargamento e perfezionamento di sistema che non si fa scrupoli. E, in effetti, il sistema è minacciato, e non solo dagli attentati suicidi: il crollo della New Economy, la crescente protesta contro la globalizzazione neoliberale, la rivoluzione contro l'IMF in Argentina……la soluzione perfetta è la mobilitazione generale, il passaggio a uno stato di guerra. L'11 settembre rappresentava una chance che aspettava solo di essere colta – la chance per consolidare questo nuovo paradigma ad ogni livello e su scala ancora più ampia.

L'artista americano Jordan Crandall ha reso visibile le pulsioni militaresche della rete telematica. Il suo lavoro parte dalle modalità ereditate dagli anni '70: sperimentazione, cooperazione, performance collettive, il porsi di fronte ad altri in spazi virtuali. Nel 1998 invece comincia a collaborare con un tecnico informatico attivo nel campo militare per la realizzazione di un Software capace di controllare gli spostamenti umani. Gli algoritmi del dispositivo appaiono nei suoi video sotto forma di corpi circondati da inquietanti tracciati di linee verdi. Le sue mostre successive, "Drive" e "Heat-Seeking", offriranno, attraverso nuove tecnologie, delle informazioni sui comportamenti psicosessuali del vedere e dell'esser-visto applicati sia nell'ambito civile che in quello militare[5].

In un breve testo apparso su Nettime intitolato "Fingering the Trigger" si descrive l'uso fatto dalla CIA di un aereo telecomandato dotato di telecamera e missili che apre il fuoco su un uomo afgano dall'aria sospetta che, come risultato poi in un secondo momento, stava cercando probabilmente dei rifiuti di metallo. "Nell'azione di avvistare noi unifichiamo su una stessa linea occhio, il cercatore e l'obiettivo" scrive Crandall. "Ma anche noi veniamo avvistati, ci costituiamo attraverso altri atti del vedere. Si tratta in questo caso di sistemi di analisi e di controllo che situano il corpo. Essi ci vedono come risultato all'incrocio di dati, materialità e comportamenti, e utilizzano un linguaggio di tracciamento, di identificazione, di obiettivo e localizzazione... All'interno di queste mappe di visualizzazione non mai è possibile sapere da quale parte ci si trovi, se da quella di colui che vede o in quella di colui che viene visto. Crandall ritiene che nel complesso corpo-macchina-immagine risieda una nuova sessualità; da qui dunque l'immagine del soldato che "accarezza il grilletto".

Questo testo ci aiuta a cogliere ciò che il denaro facile e il pluralismo dell'epoca Clinton nascondeva: i contorni di una patologia sociale che, come tutto ciò che ha a che fare con gli eserciti, lascia in bocca un sapore dal gusto autoritario. Ma essa non produce quello spensierato e stereotipato atteggiamento che associamo al fascismo degli anni '30 (o al giorno d'oggi a Le Pen). Ciò che Crandall descrive è un processo estremamente intelligente che attraverso l'individualizzazione, il tracciamento e la definizione dei bisogni, la canalizzazione delle visioni e delle capacità espressive, riconduce la mobilità dell'individuo all'interno di una rete di rapporti sociali unificante. Il nuovo fascismo rivela un ordine complesso e dinamico dove le differenze dei soggetti, l'analisi prospettivistica, il godimento personale e persino l'estasi schizofrenica trovano il loro posto e collocazione.

 

I fantasmi nella macchina

Tutto questo era stato già previsto da Arthur Kroker. Dieci anni fa circa egli parlava, insieme a Weinstein, del "fascismo neoliberale" della "classe virtuale": una élite tecnologica, mossa da un individualismo possessivo, i cui interessi sono legati all'establishment finanziario, agli stati militari e alle multinazionali. Ma come tutti i neosituazionisti della scia di Baudrillard, Kroker è ossessionato da "l'adagiarsi dell'Occidente" e dal potere ipnotico delle immagini digitali: "La classe virtuale è popolata da velleitari astronauti che non hanno mai raggiunto la luna" si dice in un passo del suo Data Trash. "Essi rifiutano completamente una critica a questo progetto Apollo di una telematica dei corpi."

Nel 1984, quando è stato scritto questo testo, tutto ciò era senza dubbio vero. Ma la massiccia diffusione degli accessi a Internet, spinta dal bisogno del management globalizzato e esaltato ovunque come catalizzatore di un possibile sviluppo tecnologico, ha provocato l'aprirsi di uno spazio virtuale utilizzabile dalla critica politica dai movimenti sociali. Alla fine del millennio dei cittadini del tutto normali hanno iniziato a scoprire questo spazio transnazionale che prima era riservato solamente a delle élite. Uno dei più importanti tentativi fatti alla fine degli anni '90 è stato quello di decifrare le nuove metodologie di dominio al fine di riconoscere la divisione del lavoro a livello planetario al di là del flusso spettacolare delle immagini (e delle informazioni finanziarie). Un ulteriore tentativo, magari meno accessibile a tutti, ma decisivo per quelle lotte che si sono manifestate nel 1999 a Seattle, è stato il nascere di una poesia di opposizione: una lotta di classe virtuale accanto a quella dei corpi che non era scomparsa mai del tutto.

Si prenda come esempio la AAA, fondata nel 1995 con una missione da compiere in 5 anni: realizzare una Rete informatica per far cessare il monopolio dei viaggi spaziali in mano alle multinazionali, ai governi e ai militari. L'Associazione Astronauti Autonomi è una sorta di nome collettivo, un'identità volutamente inventata. "Dimenticatevi della luna: riprendetevi le stelle" proclamavano il 18 luglio 1999 durante il Carnevale contro il Capitale. Non si trattava di fondare un gruppo artistico, bensì un movimento sociale, un fantasma collettivo che agisse a livello globale. "Diversamente da un nome collettivo limitato alla prassi artistica, un fantasma collettivo opera in un contesto più ampio della cultura popolare e viene adoperato come strumento di lotta di classe" afferma un astronauta della South London AAA in un testo dal titolo "Resistere alla cultura zombie"[6].

Un aspetto del progetto era la realizzazione di una mappa dell'hardware satellitare che gestiva la rete di comunicazione mondiale. Un altro aspetto era ciò che Konrad Becker chiama "e-scape": "Sfondare le porte del futuro significa il controllo di carte geografiche a più dimensionali per aprire nuovi sbocchi, "ports", nell'iperspazio. Per far ciò occorrono dei passaporti che rendano possibili dei viaggi al di là della realtà globale normalizzata verso culture parallele e nazioni invisibili; dei magazzini per l'approvvigionamento dei nomadi senza meta in viaggio sui percorsi delle prassi rivoluzionarie. Ricardo Balli ci offre un ulteriore elemento sull'attività possibile di questo fantasma galattico: "Non ci interessa andare nello spazio, essere i pionieri di una futura rivoluzione. L'AAA vuole realizzare una "fantascienza" del presente che possa essere innanzitutto strumento della conflittualità e dell'antagonismo radicale"[7].

Queste idee possono apparire fantasiose, ma la posta in gioco è reale: immaginare un soggetto politico all'Interno della classe virtuale, all'interno di quell'economia della produzione culturale e della proprietà intellettuale che ha bloccato la poesia di opposizione. Si pensi a Luther Blissett - un calciatore giamaicano che lasciò l'Inghilterra per giocare con poca fortuna nel Milan  - il nome multiplo autore del libro Mind Invaders: come fottere i media. Qui, a metà strada tra le favole di Ray Johnson e la Mail Art, Luther Blisset trova il tempo per una teoria estetico-politica: "Potrei dire semplicemente che questo uso multiplo del nome è una sorta di scudo difensivo contro il tentativo del potere costituito di individuare e identificare il proprio nemico; un'arma in mano di coloro che Marx ironicamente definiva "la metà peggiore" della società. Nello Spartacus di Kubrick (1960) tutti gli schiavi catturati da Cassio dichiarano di essere Spartacus stesso, così come tutti gli Zapatisti sono Marcos e io sono la somma di tutti i Luther Blissett. Ma ciò non basta, perché questo nome multiplo ha anche un'altra fondamentale valenza giacché mira alla creazione di un mito aperto, elastico e continuamente ridefinibile attraverso la Rete…."[8].

Il "mito aperto" di Luther Blissett è un gioco sulle identità personali, come le partite di calcio giocate a tre porte dall'AAA: la possibilità cioè di cambiare le regole sociali in quanto un gruppo può muoversi simultaneamente verso più direzioni. Questa "valenza fondamentale" è un aspetto centrale della preistoria del movimento antiglobalizzazione. Si pensi solo a slogan come Yo Basta, Reclaim The Streets, Kein Mensch ist illegal (Nessun uomo è illegale) e a come si sono diffusi all'interno delle reti sociali mondiali. Questi slogan non vanno visti come categorie o segni di riconoscimento, bensì come catalizzatori, punti di partenza così come le Tute bianche adottate per la prima volta nel Nord-Est italiano. "Le Tute Bianche non sono un movimento, sono uno strumento concepito all'interno dei Centri Sociali Occupati e poi messo a disposizione del movimento più ampio dei movimenti antiglobalizzazione" scrive Wu Ming 1 nella rivista francese Multitude (n.7). Questo "strumento" fu inventato nel 1994 in occasione di uno sgombero di un centro sociale ordinato dal sindaco leghista Formentini che disse: "Da ora in poi quelli dei centri sociali occupati non faranno altro che vagare per la città come antasmi". Fu preso in parola. Nella successiva manifestazione cominciarono ad apparire questi sciami di fantasmi bianchi che da quel momento in poi rappresentano una possibilità nuova di azione collettiva. "Tutti possono decidere di indossare una tuta bianca finché ne rispettano lo stile anche quando ne modificano i modi espressivi: pragmatico rifiuto della dicotomia violenza/non-violenza, ispirazione al modello zapatista, rottura con le esperienze del XX secolo, entusiasta accettazione del terreno simbolico della confronto.

Poi però è successo qualcosa di strano, spiega Wu Ming in un altro testo: "Alcuni hanno opposto retoricamente le tute blu a quelle bianche come metafora della forza lavoro post-fordistica – flessibile e precaria, di quei lavoratori a tempo che i capi privano dei loro diritti e della rappresentanza sindacale"[9].

Tra politica, incertezza di classe e semplice gioco di parole le tute bianche hanno trovato una loro collocazione. La tecnica dell' "azione diretta protetta" ha permesso ai dimostranti protetti da buffe imbottiture di far fronte alla polizia – una possibilità per apparire non solo sugli schermi, ma soprattutto per farsi strada nelle menti e nelle coscienze di centinaia di migliaia di persone. Nel Luglio del 2001 si ritrovarono a Genova per aprire in Italia un vero dibattito politico in un momento in cui in questo paese il fascismo tornava a raccogliere consensi.

Un altro esempio degli effetti che il gioco della confusione delle identità può provocare sono gli Yes Men – gli uomini che dicono sì – con le loro camaleontiche apparizioni come falsi rappresentanti della WTO. Si tratta di due artisti il cui nome non è difficile da individuare. Ma non meno interessante è la loro ambiguità linguistica. Dire "Sì" all'ideologia neoliberale può dare affetti satirici devastanti, come quando ad esempio gli autoproclamatisi rappresentati del WTO del "Hank Hardy Unruh" simboleggiano la funzione logica dell'Employee Visualization Appendage, un apparecchio elettronico per il controllo dei lavoratori, sotto forma di fallo dorato lungo diversi metri. Finora nessuno aveva trovato una caricatura migliore della personalità flessibile. Ma con quale tipo di satira abbiamo a che fare quando "Kein Mensch ist illegal" prende sul serio l'ideologia neoliberale e dichiara che le frontiere del mondo sono aperte a tutti? Così come le maschere color fuoco indossate da migliaia di persone a Quebec City, le proteste hanno due volti: la risata della comunicazione aperta e diretta, e la violenza di una bocca imprigionata dietro la maschera di un filo spinato. Insieme mostrano la cifra reale della confrontazione politica attuale.

 

Voce e uscita

Senza dubbio milioni di lavoratori flessibili di questo mondo rimangono ancora imprigionati, muti, senza voce e senza speranza. Ma grazie alla crescente diffusione dell'uso di Internet e la riappropriazione da parte di molte persone del proprio potere comunicativo sia a livello organizzativo che sovversivo, si sta verificando una trasformazione nello "spazio pubblico transnazionale", un'esclusiva concessa finora solo alle multinazionali e ai governi. L'e-vasione elettronica – nuova forma di uscita e di esodo dai limiti dello spazio nazionale – ha permesso il farsi strada di una nuova voce politica piuttosto che la sua messa a tacere[10]. In questo senso deleuziano il dissenso della fine degli anni '90 diventa virtuale: virtualità come latenza, realtà non manifesta, come linea di fuga potenziale verso nuovi spazi di confrontazione.

In questo senso la classe virtuale o i "lavoratori immateriali" – ho sempre preferito chiamarli lavoratori della Rete – non può rappresentare il resto della popolazione mondiale.

Quando l'individuo, visto come portatore dei diritti umani, diventa sempre più l'oggetto di manipolazioni tecnologiche e ideologiche, non c'è un soggetto universale da rappresentare. Comincia a diffondersi invece un'attiva indifferenziazione, simile ad un punto di fuga, e l'esperienza artistica dell'uso del nome multiplo disegna ora una percorso possibile per il rinnovamento dell'autonomia collettiva. In un testo apparso di recente il filosofo italiano Paolo Virno localizza l'Universale in un'estetica e un esperienza linguistica pre-individuale, nell'in-personalità della percezione e del linguaggio circolante. La caotica divaricazione che sta avvenendo nello spazio pubblico non determina un individualismo difensivo, bensì apre nuovi percorsi in direzione di un'individuazione: "Lontano dal regredire, la singolarità va affinandosi e raggiunge il suo culmine nell'agire comune, nella pluralità delle voci, in breve, nella sfera pubblica"[11].

I conflitti iniziati negli anni '60 nelle Università hanno ora raggiunto lo spazio del sapere globale, il cui carattere di spazio pubblico è oggetto di accese discussioni. Quale dimensione avrà questo spazio di cooperazione realizzato dalle reti, in che misura sarà uno spazio di controllo intensificato? Se le nuove realtà politiche prendono voce in favore di una via di scampo dalla personalità flessibile e rifiutano il liberalismo fascista, allora le selvagge speculazioni della fine degli anni '90 non saranno state invane – quali che siano i nomi multipli di cui faranno uso.

 

Testo apparso originariamente nella rivista Mute

Traduzione: Sandro Armezzani



1 Sullo stretto rapporto tra gli aspetti legali e quelli tecnici di Internet vedi: Lawrence Lessig, The Internet Under Siege http://www.foreignpolicy.com/issue_novdec_2001/lessig.html.

2 Citato da Theodor Adorno, The Authoritarian Personality, (New York: Harper, 1950). Per un’approfondita analisi delle teorie sull’autoritarismo e il suo ribaltamento dialettico attuale, vedi il mio testo "The Flexible Personality", http://www.noemalab.com/sections/ideas/
ideasarticles/holmespersonality.html
.

3 Il portavoce europeo de "The Crisis of Democracy" è stato il sociologo francese Michel Crozier, autore di un importante libro dal titolo "La société bloquée" (La società bloccata). Quello americano, Samuel Huntington, che da allora ha continuato a diffondere in maniera ininterrotta le sue idee.

4 Vedi: Luc Boltanski e Eve Chiapello, Le Nouvel esprit du capitalisme (Parigi: Gallimard, 1999).

5 Sull’opera di  Jordan Crandall vedi il suo libro "Drive: projects and writings 1992-2000" (Cantz Edizioni/ZKM, 2002), e il suo sito: http://jordancrandall.com/.

7 Entrambe le citazioni sono state tratte da un’antologia francese sull’AAA, a cura di Ewen Chardronnet: Refuser la gravité (Nîmes: L'éclat, 2001); online all’indirizzo: http://www.lyber-eclat.net/

8 Luther Blissett: Mind Invaders, Come fottere i media: manuale di guerriglia e sabotaggio culturale, Cap. 1, "Ray Johnson e Reggie Dunlop tra i Tamariani,", http://www.lutherblissett.net/archive/215-02_it.html.

9 Wu Ming I (alias Roberto Bui), Tute Bianche: The Practical Side of Myth Making, http://www.wumingfoundation.com/english/giap/
giapdigest11.html
.

10 L’opposizione tra le funzioni di "uscita" e "voce" nei conflitti sociali è stata teorizzata da Alfred O. Hirschman, in un libro cui fanno spesso riferimento i teorici italiani dell’"esodo": "Exit, Voice, and Loyalty: Responses to Decline in Firms, Organizations, and States" (Cambridge, Mass.: Harvard University Press, 1970).

11 In questo senso le "moltitudini" sono ancora di fronte ai nostri occhi; diversamente da quella prepolitica descritta da Hobbes, esse nascono dallo scambio e dalle azioni. Citato da: Paolo Virno, Multitudes et principe d'individuation,  in Multitudes, nr.7.